Benessere animale per prodotti caseari di alta qualità, sono le parole chiave del nuovo progetto che LattEmilia ha promosso a partire dal 2016 per realizzare una linea di formaggi e latticini dalle elevate caratteristiche salutistiche e nutrizionali.
All’origine di questa nuova esperienza d’innovazione sono l’eccesso produttivo di latte da più parti avvertito nel Comprensorio del Parmigiano Reggiano, da cui nasce la volontà di trovare altre strade per valorizzare parte del latte di gran qualità che da origine al Re dei Formaggi, e la scarsa redditività che oggi trovano alcuni prodotti secondari della sua lavorazione, come il latticello, originato dalle sue panne impiegate nella produzione del burro.
Assieme ad un selezionato gruppo di aziende agricole e all’apporto scientifico di università e centri di ricerca, LattEmilia lavora per proporre una linea di prodotti caseari fatti col latte della filiera del Parmigiano Reggiano, munto da bovine nutrite con alimenti sani e non spinte all’iperproduzione ma, anzi, portate a produrre meno della media per migliorare il benessere dell’animale e la qualità del latte. L’obiettivo, attraverso ricette provate e riprovate dal laboratorio al caseificio, è produrre una linea di caciotte, ricotte, formaggi a pasta dura e molle di altissima qualità e con esclusive caratteristiche organolettiche e salutistiche.
DA DOVE SIAMO PARTITI
Cinque aziende agricole diverse per dimensioni della mandria, tipologia di alimentazione e produttività nelle quali i ricercatori hanno effettuato rilievi e raccolto campioni per valutare lo stato di benessere delle bovine in termini di stress, produzione, parti e longevità. I dati, analizzati dalle università e centri specializzati coinvolti nel progetto, sono stati la base dello studio di una razione alimentare equilibrata, pensata in modo da essere più corrispondente alla fisiologia ruminale delle bovine, oggi spesso nutrite con l’unico obiettivo di massimizzarne la produzione.
La nuova dieta sarà utile per dimostrare che la redditività dell’allevamento può essere garantita anche da animali che producono meno, ma che si ammalano anche meno vivendo e partorendo più a lungo.
Il latte proveniente da campioni di animali nutriti con la nuova razione verrà utilizzato, assieme al latticello, per la produzione dei formaggi, ai quali trasferirà le sue qualità salutistiche e organolettiche.
DOVE SIAMO ARRIVATI
Con la fine del 2019 il progetto è giunto a compimento, e ha dato importanti risultati e soddisfazioni. Le caseificazioni, iniziate a livello sperimentale nel laboratorio dell’Università di Bologna, sono state più volte replicate in scala reale presso un noto caseificio della montagna reggiana, e dopo molti tentativi durante i quali abbiamo studiato la miglior composizione in termini di latte, panne e latticello, siamo arrivati ad ottenere, una caciotta ed una ricotta prodotta dal suo siero che, a giudizio dei casari e dei clienti dello spaccio aziendale, temono pochi rivali in termini di qualità e gusto. Questi 2 prodotti hanno mostrato di possedere le caratteristiche che le ipotesi di partenza suggerivano si potessero ottenere.
Le analisi in laboratorio ne confermano la qualità superiore alla media, i test sensoriali le elevate caratteristiche organolettiche, i semplici assaggi la bontà. Le tecnologie proposte e sperimentate sono facilmente trasferibili nelle realtà dei caseifici, permettendo loro di diversificare l’offerta con nuovi prodotti lattiero caseari ad alto valore aggiunto. L’inclusione di latticello consente l’ottenimento di prodotti (caciotta e ricotta) a più alto contenuto in fosfolipidi e vitamina A. Il reimpiego di latticello in caseificio si è dimostrato una pratica possibile e favorevole, non solo in termini di resa casearia:infatti, nei prodotti ottenuti, e tra questi in particolare nella ricotta, si è osservato un positivo incremento delle qualità nutrizionali.
Pertanto, i prodotti ottenuti possono costituire una valida alternativa per l’impiego delle eccedenze di latte destinato alla produzione di Parmigiano-Reggiano, valorizzando allo stesso tempo un sottoprodotto dalle ottime caratteristiche nutrizionali, come il latticello.
I risultati non hanno però riguardato solamente i prodotti caseari. Elementi d’interesse, meritevoli di successive più approfondite indagini, sono venute da altri ambiti indagati dal progetto.
Fase di allevamento
La sperimentazione condotta con gruppi a diversa alimentazione a confronto, seppure su un numero ridotto di bovine, ha mostrato alcune interessanti indicazioni: la riduzione fino al 20% dei mangimi concentrati non ha modificato la quantità di latte prodotto, e solo marginalmente la sua composizione; ne hanno tratto beneficio alcuni parametri “vitali” delle bovine, direttamente legati alla fertilità.
Il monitoraggio delle strutture di allevamento e delle condizioni di benessere delle bovine, condotto secondo un protocollo appositamente realizzato e implementato nelle cinque aziende del gruppo operativo, ha consentito di evidenziare alcuni punti critici, prontamente comunicati agli allevatori e in buona parte dagli stessi risolti. Le schede di valutazione dei punteggi benessere possono essere utili esempi anche per altri allevatori e altre condizioni operative. Gli allevatori hanno inoltre beneficiato del periodico monitoraggio della composizione chimica e nutrizionale dei loro foraggi.
Il packaging della ricotta
In tema di packaging, interessanti applicazioni emergono dalla tecnologia proposta ad alta pressione (HPP). Sperimentata presso i laboratori universitari di Parma, essa ha mostrato di essere in grado di prolungare la shelf-life di un prodotto tradizionalmente a breve scadenza come la ricotta salvaguardandone gusto e qualità; l’analisi microbiologica ha confermato l’efficacia del metodo e suggerito che esiste la possibilità di collocare a banco frigo un prodotto di qualità superiore, paragonabile alle ricotte proposte al banco dei latticini freschi.